domenica 5 febbraio 2012

Irruzione fredda di tipo artico-continentale con traiettoria settentrionale

Rispolvero questo mio articolo di qualche anno fà, che seppur corredato da illustrazioni grafiche un po’ acerbe, può risultare utile per capire le dinamiche delle irruzioni di aria fredda a componente artico-continentale ( moti retrogradi ), a chi si affaccia per le prime volte all’argomento.


- Irruzione fredda di tipo “artico-continentale” con traiettoria settentrionale -


In generale questo tipo di irruzione fredda a componente di aria artico continentale, quando ha una traiettoria molto settentrionale, che scarica il flusso freddo principale in Atlantico, intaccando così la tenuta della parte mediana dell’anticiclone di blocco, non è la più congeniale al propagarsi del gelo e della neve su tutte le regioni italiane.


Vediamo il perchè gettando sempre un occhio alla mappa illustrativa.


La partenza:

Dai territori siberiani l'aria fredda muove in senso "retrogrado" (da est verso ovest) verso la Russia europea, con destinazione finale Europa occidentale.

La strada scelta in questo caso è quella più settentrionale.

L'aria fredda valica gli Urali passando a nord della catena montuosa e si riversa nella Russia europea.

Di qui con direzione nordest - sudovest le masse d'aria in movimento prediligono i territori pianeggianti o con barriere orografiche minori.

Rispetto al corpo centrale della discesa fredda si vengono a creare varie diramazioni meno potenti che deviano dal flusso centrale.

Le Alpi Scandinave ( vedi cartina ) fungono da ostacolo all'avanzamento dell'aria e la riconducono a traiettorie più meridionali ma sempre molto settentrionali in ambito europeo, a sorvolare la Danimarca per dirigersi verso la Gran Bretagna meridionale.

Cosa accade a Sud del corpo principale di avanzamento e cioè della traiettoria settentrionale?

Vediamo le diramazioni meridionali del flusso principale, sulla carta indicate come derivanti secondarie.

Nonostante l'apparente libertà di propagazione dell'aria fredda, dovuta ai territori prevalentemente pianeggianti, va tenuto conto della perdita di potenza e componente fredda man mano che le derivanti secondarie si allontanano dal flusso freddo principale.

Il primo ostacolo che questi flussi incontrano dirigendosi verso sud è costituito dalla catena montuosa del Caucaso, che viene superata con estrema difficoltà vista l'altezza dei massicci che la compongono ( oltre 5000 metri di altezza ), fino ad arrivare a portare effetti freddi spesso ( ma non sempre ) molto indeboliti sulla Penisola Anatolica (Turchia).

Altra derivante secondaria è quella portata ad entrare nelle pianure ad est dei Balcani e soggetta a formare un "cuscinetto di aria fredda " sconfinante sul Mar Nero e sull'Anatolia.

Ora vediamo come anche la terza derivante vada ad isolarsi in una sorta di catino naturale e perda progressivamente l’iniziale spinta propulsiva gelida.

Osserviamo sull’illustrazione come, incontrando l'ostacolo rappresentato dalla catena dei Carpazi ( monti aventi cime non elevatissime), l'aria fredda tenda a propagarsi attraverso il varco posto a nordovest dei Carpazi stessi e ad est delle Alpi, finendo per invadere la Pianura Danubiana.

Di qui, proseguendo ulteriormente verso ovest e perdendo progressivamente vigore invasivo, l'ultimo azzerante impatto è costituito dalla presenza delle Alpi Dinariche, poste lungo le coste orientali del Mar Adriatico.

Ne consegue ristagnazione in ambito danubiano e un'ultima possibilità di propagazione verso ovest costituita dal passaggio attraverso la Porta della Bora, che immette direttamente nell’Adriatico e sulla Pianura Padana.

Controllate ora dalla mappa quale sia la distanza dalla fonte iniziale del gelo siberiano e quali e quanti ostacoli l'aria fredda incontri negli strati medio-bassi della Troposfera, nel suo cammino verso la meta di destinazione del moto retrogrado.

Ora spostiamoci di nuovo a nord ed osserviamo come invece, il ramo principale dell'irruzione fredda (traiettoria settentrionale), non trovi particolari ostacoli alla sua propagazione, nell'attraversare le modeste Alpi Tedesche e le pianure germaniche e del Benelux.

Di qui, approdata in territorio francese, l'avanzata prosegue su terre pianeggianti, fino ad incontrare un ostacolo facilmente valicabile, rappresentato dalla catena dei Monti Pirenei.

Siamo giunti al momento dell'impatto vero e proprio delle correnti fredde sul muro costituito dal bordo orientale dell'anticiclone di blocco.

Il flusso d'aria fredda a questo punto compie una “svolta obbligata” verso sud e incuneandosi in territorio africano, richiama per forzatura da contrasto termico aria calda verso il bacino del Mediterraneo.

L'aria mite generata, riprende la traiettoria ovest-est ( moto zonale ), andando a interessare le regioni occidentali del nostro Paese e contribuendo ancora di più a frenare la propagazione dell'aria fredda verso ovest, che nel suo approccio al nostro territorio è già fortemente ostacolata dalla presenza dell’arco appenninico.

Chiarissimo quindi come il nostro Paese sia tagliato in due in senso verticale da questo tipo di avvezione fredda e cioè dall'irruzione fredda di tipo artico continentale con traiettoria con settentrionale.

Vediamo ora nello specifico gli effetti precipitativi, zona per zona, che questo tipo di irruzione fredda apporta sul territorio italiano. Al di sotto della mappa grafica troverete le spiegazioni.


Un'occhiata d'insieme.

Nella parte alta dell’illustrazione è evidenziato il flusso settentrionale freddo proveniente dalla Russia (blu).

Nella parte centrale e in quella bassa, il flusso mite atlantico (rosato).

Consideriamo sempre che stiamo prendendo in esame la situazione nella quale, aria medio atlantica di tipo mite, affluisce sulla nostra Penisola a causa del cedimento della parte mediana dell’anticiclone di blocco atlantico, causato dalla potente spinta dell’irruzione fredda proveniente da est.

­­­Aria mite proviene dall'Africa per le dinamiche spiegate in precedenza nell’articolo.
- Punto 1 evidenziato in mappa e direttrici A B C D.

Dalla zona di Bassa Pressione evidenziata col la grande B sulla Sardegna, si diparte quella che viene definita curva ciclonica ascendente orientale o ramo ascendente orientale, che nelle perturbazioni rappresenta la zona della depressione caratterizzata dai maggiori fenomeni precipitativi.

Ho evidenziato le risalita A e B, a voler rappresentare l'opera di mitigazione termica apportata alle coste tirreniche sopra vento da parte dei venti meridionali.

Le risalite C e D invece illustrano il transito sul lato adriatico delle correnti miti che si dipartono dal ramo ascendente della perturbazione, reso possibile dalla bassa elevazione dell'Appennino Meridionale.

Tali correnti arrivano ad impattare l'aria fredda ( zona blu )( 2 ) e a richiamarla in parte in direzione della Pianura Padana e del Mar Adriatico ( E F G ).

Continuando l'analisi osserviamo come la circolazione ciclonica vada a chiudere il cerchio in senso antiorario , attivando la curva ciclonica discendente ( H I L).

La più meridionale di queste correnti discendenti insinuandosi in Africa alimenta di nuovo la curva ciclonica ascendente orientale( 1 ).

Vediamo ora gli effetti precipitativi e quali sono i condizionamenti orografici allo sviluppo dei medesimi.

Possiamo distinguere il lato orientale da quello occidentale del Paese .
Le risalite C e D, facenti parte della curva ciclonica ascendente orientale, portano a contrasti termici netti e al richiamo di aria fredda da nordest.

I corpi nuvolosi che si addossano al lato orientale dell'Appennino, spinti dall'aria fredda richiamata da nordest, rimangono addossati ai crinali montani senza poterli valicare (effetto Stau ovvero Stop ).

Le termiche presenti, assieme alla nuvolosità, danno luogo a frequenti fenomeni nevosi, che non possono estendersi al lato tirrenico appunto per l’effetto Stau.

Allo stesso tempo l'aria fredda penetrata in Val Padana, va ad insinuarsi al di sotto dello strato nuvoloso generato dalla curva ciclonica ascendente orientale.

Questo cuscinetto freddo ( diverso da quello da stagnazione ) che viene a crearsi al suolo, garantisce anche qui precipitazioni nevose.

Vediamo invece cosa accade dal lato tirrenico.

Le regioni più settentrionali del versante tirrenico come la Liguria, risentono della penetrazione di aria fredda proveniente dalla Val Padana attraverso i valichi appenninici come quello della Cisa e quindi risultano comunque interessate da precipitazioni nevose sin sulla costa, favorite inoltre dalla presenza, immediatamente alle spalle della costa stessa, di elevati contrafforti montuosi.

L'alta Toscana è anch’essa a volte coinvolta da nevicate a causa della latitudine marcatamente settentrionale e delle catene montuose alte e corpose.

Il medio Tirreno e nella fattispecie la pianura romana risentono di due fattori mitiganti. Il primo è dato dall'esposizione totale alle correnti miti provenienti dall'Africa, mentre il secondo è costituito dalla protezione appenninica orientale (alle spalle dell'Agro Romano) e preappenninica sia settentrionale che meridionale, che ne fanno una conca impenetrabile.

Scendendo verso il Tirreno meridionale la protezione da parte dell'Appennino nei confronti del versante tirrenico va scemando, visto il progressivo abbassarsi della catena montuosa.

Rimane comunque protetta (ma in minor misura rispetto a Roma) la zona di Napoli.

Spesso visitata dalla neve è invece la zona di Salerno, stanti i contrafforti preappenninici in cui è incastonata.

Scendendo ancora più a sud, oltre all'esposizione ai venti miti africani entra in gioco la latitudine meridionale.

Caso a parte costituiscono dal lato orientale il Salento e la Basilicata esposti direttamente ai freddissimi venti di Grecale, che causano spesso nevicate lungo il poco elevato Altopiano delle Murge e la propagazione verso Matera e Potenza di freddo e nuvolosità, che non incontrano impedimenti orografici.

Ultima particolarità meteo climatica è data da Sardegna e Corsica.

Le due isole a differenza del lato occidentale del Tirreno, non risentono della copertura e quindi della protezione da parte dell'Appennino.

Difatti, l'aria fredda, che saltando le vette dell'Appennino non interessa le zone immediatamente sottovento in territorio tirrenico, va a ricadere in pieno Tirreno propagandosi verso ovest, generando per contrasto con l'aria mite africana di richiamo, corpi nuvolosi a se stanti, capaci di apportare precipitazioni nevose sui versanti esposti e cioè quelli orientali di Corsica e Sardegna.

Nel prossimo articolo illustrerò altre tipologie di irruzione fredda che interessano statisticamente il nostro Paese.



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